Rispetto
Rispetto
Declino il rispetto sempre in due varianti, quello nei confronti degli altri e quello per me stesso. Il primo mi ha permesso di mettermi in reale ascolto di chi mi stava insegnando o raccontando la sua esperienza, di conseguenza in comunicazione empatica e profonda con chi mi è vicino. Penso soprattuto nei confronti della mia fisioterapista Ilva o dell’allenatore, senza rispetto non sarei riuscito ad acquisire le nozioni che mi hanno portano al raggiungimento dei risultati “impossibili”. La seconda forma di rispetto è nei confronti di me stesso, questa passa attraverso l’ascolto di sé, imparando a farmi tante domande quando percepivo che c’era una dissonanza dentro di me, qualcosa che non tornava perfettamente. Per quanto sia spesso stato arrabbiato con il mio corpo che era cambiato dopo l’incidente, che non aveva più le stesse possibilità di muoversi di prima perché era limitato, l’ho sempre rispettato. Ho riconosciuto in lui il mio strumento per conoscere il mondo, per apprezzare la vita, tramite lui sarebbero arrivate le emozioni che mi avrebbero fatto gioire e amare il mondo. Così, per quanto rotto o comunque non come lo avrei voluto, ho sempre rispettato il mio corpo e me stesso, non mettendolo in situazioni da cui ne sarebbe uscito lesionato, cercando di valutare sempre i rischi senza voler dimostrare niente a nessuno se non a me stesso che con calma e con le dovute attenzioni riuscivo a modo mio a raggiungere i traguardi che sognavo. Parte del corpo è anche la mente, che genera i pensieri e di conseguenza i sogni. Ho rispettato anche quella, non addormentandola o sovreccitandola con sostanze che potessero alterare la mia percezione della realtà. Ho sempre voluto vivere nel “qui e ora” assaporando il bene e il male che quel momento mi faceva vivere, senza scappare, consapevole del fatto che scappando non avrei superato la difficoltà che avevo di fronte e che in qualche modo si sarebbe ripresentata.